Di A. Alberto (vincitrice borsa di studio ricercatrice Revi&Partnrs)
A partire dal 2015, con l'adozione dell'Accordo di Parigi, l'Unione Europea ha continuamente espresso il proprio interesse nella individuazione di nuove soluzioni per fronteggiare i problemi legati al cambiamento climatico e diventare un continente più sostenibile. A questo proposito, per regolare il mondo finanziario è entrato in vigore un importante accordo: il Piano d'Azione per la Sostenibilità (SFAP), uno dei principali obiettivi politici dell'Unione Europea che mira a promuovere gli investimenti sostenibili all'interno del blocco dei 27 Paesi. Questo si suddivide ulteriormente in Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), Regolamento sulla tassonomia ambientale UE e infine Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
La direttiva CSRD è la più recente e ha come obiettivo quello di fornire uno strumento tangibile al pubblico attraverso la divulgazione periodica di resoconti sui rischi che le aziende devono affrontare, tenendo conto dell'impatto sull'ambiente e sulle persone su cui le loro attività commerciali hanno un'influenza. Nel contesto europeo ciò è stato dirompente, poiché tutti sono soggetti allo stesso quadro normativo ed è più complesso mettere in pratica il greenwashing, poiché le imprese sono soggette a svariati controlli.
Al fine di migliorare la rendicontazione e garantire la comparabilità dei dati tra le aziende europee, il rapporto di sostenibilità richiesto dalla CSRD deve essere redatto secondo uno standard europeo comune sviluppato dall'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), confluito nel 2023 nell'ESRS - European Sustainability Reporting Standard. Si prevede che questo renderà più facile il confronto tra le performance ESG delle diverse organizzazioni.
La Commissione europea ha adottato 12 standard ESRS con atto delegato il 31 luglio 2023; la cosiddetta prima serie di ESRS contiene due standard trasversali che sono i Requisiti generali (ESRS 1), le Informazioni generali (ESRS 2) applicabili a tutti i campi di rendicontazione, a questi si affiancano dieci standard tematici che sono ulteriormente suddivisi nelle 3 aree ESG: ambientali, sociali e governance.
Gli ESRS Ambientali (E1-E5) comprendono i cambiamenti climatici, l'inquinamento, le risorse idriche e marine, la biodiversità ed ecosistemi, l'uso delle risorse e l'economia circolare.
Gli ESRS Sociali (S1-S4) riguardano la propria forza lavoro, i lavoratori della catena del valore, le comunità interessate, i consumatori e gli utenti finali.
Infine, il fattore Governance, l'ESRS G1 è la condotta aziendale.
Il secondo gruppo di principi, relativo alle specifiche settoriali, è attualmente in fase di elaborazione dall'EFRAG.
Gli standard trasversali e gli standard tematici sono indipendenti dal settore, il che significa che si applicano a tutte le imprese, indipendentemente dall'ambito in cui l'impresa opera.
Con l’introduzione di questi standard le imprese dovranno applicare nelle loro valutazioni e decisioni il principio di doppia materialità, ciò significa che dovranno fornire informazioni in merito all’impatto delle proprie attività verso gli stakeholders, concentrandosi sulle persone e sull’ambiente (approccio inside-out), e al modo in cui le tematiche ESG incidono sulla performance economico-finanziaria dell’impresa (approccio outside-in).
Il recepimento dell'ESRS avverrà gradualmente, a seconda delle caratteristiche delle imprese. A partire dal 2024, la raccolta dei dati sarà obbligatoria solo per gli enti di interesse pubblico (EIP) già soggetti alla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (NFRD) che, alla data di chiusura del bilancio, hanno un numero di dipendenti superiore a 500.
A partire dal 2025 la direttiva si applicherà alle grandi imprese che chiudono l’esercizio con almeno due dei seguenti criteri: i) numero di dipendenti maggiore di 250, ii) stato patrimoniale supera i 25 milioni, iii) ricavo netto supera i 50 milioni, con l'obbligo di pubblicazione dei dati nell’anno 2026.
A partire dal 2026, le PMI quotate, ad eccezione delle microimprese, che hanno almeno due delle seguenti caratteristiche: i) 10-250 dipendenti, ii) 900.000 - 50 milioni di ricavi netti, iii) 450.000 - 25 milioni di stato patrimoniale, dovranno iniziare a raccogliere questi dati per facilitare la rendicontazione entro il 2027, tuttavia hanno la possibilità di opt-out per due anni, mantenendo l'obbligo di pubblicazione entro l’anno 2029. Per quanto riguarda le PMI, l'EFRAG svilupperà ESRS specifici per tenere conto delle loro specificità.
Infine, a decorrere dall’esercizio finanziario 2028, l'obbligo si applicherà anche alle società extra-UE con almeno un'impresa figlia o una succursale nell'Unione Europea. La finalità è quella di diffondere gli standard ESG a livello globale, incoraggiando le società internazionali a conformarsi ai requisiti di rendicontazione.
Il percorso verso l'implementazione di questi standard può sembrare in alcuni casi piuttosto distante rispetto al presente, ma è importante considerare che ogni azienda ha bisogno di prepararsi ad affrontare queste nuove sfide e rendicontazioni.
Pertanto, si consiglia vivamente di iniziare già ad attuare questi fattori su base facoltativa per svariati motivi. Innanzitutto, rendere la propria azienda trasparente consente di attirare un maggior numero di clienti e di attuare strategie di marketing su temi che oggi stanno molto a cuore ai consumatori, sempre più interessati al tema della sostenibilità e dei fattori ESG. Disporre di una rendicontazione basata su fattori europei, e quindi trasparente e attendibile per il pubblico, offre anche al cliente più esigente una maggiore affidabilità nei confronti dell’impresa.
Inoltre, contribuisce a migliorare il rapporto con il sistema bancario, che da questo momento in poi sarà sempre più incline a investire in progetti e aziende sostenibili. Ad ogni modo, l'implementazione di questi standard costituisce un importante passo innovativo e imprenditoriale per ciascuna impresa, che indubbiamente porterà ottimi benefici anche nel breve periodo.